Ordinanza n. 234 del 1990

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ORDINANZA N.234

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma primo, della legge 26 febbraio 1977, n. 39, di conversione con modificazioni del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1989 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra Montanari Lazzaro e Cinerari Gilberto ed altra, iscritta al n. 678 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3/1a serie speciale Dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 aprile 1990 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Ritenuto che nel corso di un procedimento civile in grado di appello, promosso da Lazzaro Montanari nei confronti di Gilberto Cinarelli e della s.p.a. Compagnia di assicurazioni <La Preservatrice>, la Corte d'appello di Bologna, con ordinanza del 3 novembre 1989, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 1977, n.39, in base al quale, nel caso di danno alle persone, qualora, ai fini del risarcimento, si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro, esso si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge, risultante dalla dichiarazione dei redditi ovvero dalla certificazione del datore di lavoro, e per il lavoro autonomo sulla base del reddito netto più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'I.R.PE.F. degli ultimi tre anni;

che, ad avviso del giudice a quo, il diverso sistema di calcolo previsto per le due categorie di lavoratori realizza una ingiustificata disparità di trattamento poichè, in presenza di una identica lesione personale ed a parità di reddito netto, porta a risarcimenti di entità diversa a seconda che l'infortunato sia lavoratore dipendente o lavoratore autonomo: nel primo caso, infatti, si fa riferimento ad un reddito che supera l'ammontare del netto poichè vi si ricomprendono i <redditi esenti>, mentre nel secondo caso si fa riferimento al reddito netto, senza possibilità di maggiorazione alcuna e, segnatamente, delle spese di produzione;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

Considerato che, da una parte, la diversità dei criteri adottati dalla norma impugnata per l'accertamento del reddito del danneggiato, a seconda che si tratti di lavoratore autonomo o dipendente, si giustifica in base alla innegabile diversità delle rispettive situazioni dei predetti lavoratori, alla quale si correlano, del resto, le modalità di determinazione del reddito ai fini dell'I.R.P.E.F., assunto a parametro dalla norma in esame, (in particolare l'art. 50 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 dispone che il reddito di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra compensi percepiti e spese effettivamente sostenute, senza limiti, laddove al lavoratore dipendente, ex art.16 d.P.R. citato, sono consentite solo detrazioni forfettarie dall'imposta lorda);

che, per altro verso, il riferimento, per il lavoratore autonomo, al solo reddito netto dichiarato ai fini dell'I.R.P.E.F., con esclusione delle maggiorazioni consentite al lavoratore dipendente, non rende ingiustificatamente deteriore la posizione del primo, poichè trova adeguato bilanciamento nella possibilità, prevista per il solo lavoratore autonomo, di tenere conto del reddito netto più elevato tra quelli dichiarati negli ultimi tre anni; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 23 dicembre 1976 n. 857 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1977, n. 39, sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 08/05/90.